La motivazione non è una formalità
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9544/2025, ribadisce un principio chiave: ogni licenziamento individuale deve contenere una motivazione specifica, chiara e contestuale all’atto stesso. Non è una mera formalità, ma un diritto essenziale del lavoratore per poter esercitare la propria difesa.
Il richiamo è all’art. 2, comma 2, della Legge n. 604/1966, che impone la comunicazione dei motivi alla base del recesso. In caso contrario, il licenziamento è viziato in modo sostanziale.
Il caso esaminato dalla cassazione
La vicenda riguarda un lavoratore assunto prima del 7 marzo 2015, licenziato da un datore con più di 15 dipendenti. La Corte d’Appello di Firenze aveva applicato la sola tutela indennitaria (art. 18, comma 6, L. 300/1970), ritenendo sufficiente la giustificazione fornita in giudizio.
La Cassazione ha però riformato la decisione, sostenendo che la mancanza di motivazione contestuale giustifica una tutela più forte.
Tutela reintegratoria “attenuata”
La Suprema Corte richiama il comma 4 dell’art. 18, applicando la c.d. “tutela reintegratoria attenuata”: reintegro nel posto di lavoro più risarcimento fino a 12 mensilità.
Secondo i giudici, l’assenza di motivazione è più grave della semplice insussistenza del fatto e va sanzionata in modo più incisivo, anche in coerenza con le decisioni della Corte Costituzionale n. 59/2021, 125/2022 e 128/2024.
Riflessioni sul sistema attuale
La sentenza rappresenta un nuovo colpo all’impianto introdotto dal Jobs Act (D.lgs. 23/2015), che aveva cercato di semplificare e quantificare il “costo del licenziamento”. La centralità del giudice nel bilanciare le tutele torna prepotente, confermando un’evoluzione giurisprudenziale che privilegia il merito rispetto alla forma.
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FAQ
È obbligatorio motivare un licenziamento individuale?
Sì, come previsto dalla legge 604/1966. La mancata motivazione rende il licenziamento nullo o illegittimo.
Basta fornire la motivazione durante il giudizio?
No. Deve essere comunicata contestualmente all’atto di licenziamento, pena l’applicazione di tutele più gravi.
Cosa prevede la tutela reintegratoria attenuata?
Reintegro più indennizzo massimo di 12 mensilità e versamento dei contributi previdenziali per il periodo di estromissione.
Cosa cambia se il lavoratore è assunto prima del 7 marzo 2015?
Si applica ancora l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e non il regime previsto dal Jobs Act.
Corte Costituzionale su questi temi?
Ha più volte sollecitato il legislatore a rivedere i criteri di tutela in caso di licenziamenti viziati, ponendo il giudice al centro dell’equilibrio tra le parti.